Disturbi del comportamento alimentare

Disturbi del comportamento alimentare

Psicologia e Psicoterapia

Disturbi del comportamento alimentare

Cosa sono, come riconoscerli e come trattarli

Secondo gli studi più recenti in merito ai Disturbi del Comportamento Alimentare (DCA), si è riscontrato un incremento del 30% di anoressia e bulimia contemporaneamente a un abbassamento dell’età della manifestazione del disturbo.

Ma cosa sono i DCA? Quali sono i sintomi che permettono di riconoscerli? E soprattutto, come è possibile trattarli?

Che cosa sono i disturbi del comportamento alimentare?

I DCA, cioè i disturbi alimentari e della nutrizione, sono atteggiamenti disfunzionali nei confronti del cibo, accompagnati da una percezione alterata e distorta del proprio corpo che spinge chi ne soffre a essere ossessionato dal peso e dall’aspetto fisico.

I problemi alimentari hanno quasi sempre cause e conseguenze psicologiche, a volte legati a una bassa autostima, in altri casi associati a disturbi di ansia e/o depressione. Soffrire di DCA comporta inevitabilmente gravi conseguenze fisiche, che compromettono il sistema gastrointestinale, cardiovascolare ed endocrino. Nei casi più gravi si può anche morire.

I DCA vengono distinti in 6 categorie principali:

  • pica;
  • mericismo;
  • disturbo alimentare evitante/restrittivo;
  • anoressia nervosa;
  • bulimia nervosa;
  • disturbo di alimentazione incontrollata.

Oltre queste 6 categorie, ne saltano fuori altre 2 residue:

  • disturbo della nutrizione o dell’alimentazione specificato: consiste in una sottosoglia dell’anoressia, della bulimia, del disturbo da alimentazione incontrollata, del disturbo con condotte di eliminazione e della sindrome del mangiare di notte;
  • disturbo della nutrizione e dell’alimentazione non specificato: si tratta di un disturbo dell’alimentazione che non presenta chiare caratteristiche che possano ben definirlo.

Di questi disturbi appena elencati, i più diffusi sono sicuramente l’anoressia nervosa e la bulimia nervosa, ma non bisogna sottovalutare anche il BED (binge eating disorder).

Anoressia nervosa

L’anoressia nervosa può essere diagnosticata tramite chiari atteggiamenti assunti dal paziente preso in esame, cioè:

  • restrizione nell’assunzione di calorie;
  • peso corporeo eccessivamente basso;
  • paura ossessiva di ingrassare;
  • alterazione della percezione del proprio corpo, che porta a pensare di essere costantemente sovrappeso.

Nelle donne, questa patologia può essere accompagnata anche da amenorrea (assenza di flusso mestruale), abbuffate e/o eliminazione del cibo in modo forzato (tramite vomito autoindotto o assunzione di lassativi, diuretici o enteroclismi).

Solitamente, le abbuffate prevedono il consumo di grandi quantità di cibo con elevato contenuto calorico, che poi vengono “compensate” da un atteggiamento eliminatorio (come il vomito autoindotto). In questi casi si parla di anoressia nervosa di tipo 2, in cui il paziente controlla il suo peso non solo attraverso la restrizione alimentare, ma anche tramite atteggiamenti compensatori tipici della bulimia.

Bulimia nervosa

La bulimia nervosa si manifesta con abbuffate e conseguenti condotte compensatorie, che si propongono almeno 1 volta a settimana per 3 mesi consecutivi. Il paziente ingerisce un’enorme quantità di cibo, perdendo totalmente il controllo e, una volta terminato, per rimediare, adotta un atteggiamento compensatorio: si autoinduce il vomito, assume lassativi e diuretici, digiuna per giorni, compie un’eccessiva attività fisica.

Esattamente come l’anoressia, anche la bulimia presenta due sottogruppi che si differenziano per l’uso o meno delle condotte di eliminazione; il secondo sottogruppo, infatti, non ne fa uso e i pazienti tendono a controllare il peso digiunando o aumentando l’attività fisica. Questo sottogruppo, unitamente all’anoressia di tipo 2, costituiscono una sorta di “ponte” tra anoressia e bulimia tanto che, ancora oggi, il dibattito su come identificare le due patologie (se due entità distinte e separate o come continuum l’una dell’altra) è ancora totalmente aperto.

In ogni caso, un aspetto non cambia: le persone che soffrono di abbuffate incontrollate e compulsive si auto impongono una dieta molto ferrea da seguire e, nel momento in cui compiono uno sgarro, sperimentano un senso di fallimento tale da incrementare il disturbo psicologico che sta alla base.

Binge eating disorder (BED)

Il binge eating disorder, conosciuto anche come BED, consiste in una condizione di obesità più o meno grave scatenata da fattori psicologici che non hanno riscontro medico o genetico. Si caratterizza da abbuffate settimanali non seguite, però, da atteggiamenti di eliminazione o di controllo del peso. Un altro aspetto che lo distingue dalla bulimia nervosa è il totale disinteresse nei confronti del proprio aspetto e della forma del proprio corpo, quindi si tratta di un semplice impulso alimentare.

Le abbuffate tipiche del BED sono accompagnate da almeno 3 dei seguenti caratteri:

  • mangiare molto più velocemente del normale;
  • mangiare fino a sentirsi male;
  • mangiare pur non avendo fame;
  • mangiare in solitudine per via dell’imbarazzo causato dalle grandi quantità di cibo ingerite;
  • provare disgusto per la propria persona, senso di colpa e/o disagio dopo aver mangiato troppo.

L’obesità che ne deriva inevitabilmente copre spesso un ruolo ben preciso: per alcuni soggetti si tratta di un mezzo di difesa, una sorta di muro oltre il quale gli altri non riescono ad andare, dato che solitamente un corpo in sovrappeso è poco attraente e non attira l’attenzione altrui; in altri casi, invece, il cibo viene ingerito per colmare un altro tipo di vuoto, di natura solitamente affettiva dato che, diventando grassi, si riesce finalmente a catturare l’attenzione degli altri. Infine, il cibo può essere utilizzato come punizione: l’iperalimentazione ha funzione distruttiva e, in poche parole, si mangia fino a voler scoppiare o, comunque, a stare male.

A prescindere dal ruolo ricoperto dal cibo e dal sovrappeso, i soggetti che soffrono di BED hanno poca autostima, si ritengono dei perdenti e dei falliti e di fronte a una qualsiasi sfida preferiscono arrendersi, per poi provare vergogna e inadeguatezza.

Principali sintomi dei disturbi del comportamento alimentare

I disturbi alimentari si manifestano con sintomi sia fisici, sia psicologici; per quanto riguarda questi ultimi, prevalgono:

  • isolamento e solitudine;
  • rabbia;
  • rimuginio;
  • sbalzi d’umore;
  • comportamenti ossessivi;
  • ansia;
  • depressione;
  • paura di perdere il controllo.

Inoltre, tra i criteri che permettono di diagnosticare i DCA rientrano anche sintomi psicologici comuni alle dipendenze patologiche, tanto da parlare di dipendenza da cibo.

In merito, invece, ai disturbi prettamente fisici primeggiano:

  • alterazione del metabolismo;
  • disturbi del sonno;
  • perdita o aumento di peso;
  • indebolimento muscolare.

É sempre molto difficile rendersi conto se un parente, un amico o un conoscente sia affetto da DCA. I segnali che possono destare sospetti sono:

  • significativo calo di peso corporeo;
  • bugie su quanto e quando la persone in questione abbia mangiato;
  • episodi in cui la persona mangia troppo e troppo velocemente;
  • episodi in cui la persona si reca in bagno subito dopo aver mangiato;
  • eccessivo allenamento fisico;
  • episodi in cui la persona evita di mangiare in compagnia;
  • notare che la persona taglia il cibo in piccoli pezzi, mangiandoli in modo estremamente lento;
  • notare che la persona indossa cibi molto larghi, proprio per nascondere il calo di peso.

Anche chiedere aiuto per la persona in questione può risultare molto difficile, in quanto chi soffre di DCA assume solitamente un atteggiamento di difesa e di negazione; raramente riescono a capire da soli di avere un disturbo e a chiedere il supporto di un terapeuta. Di conseguenza, avere un aiuto esterno può essere decisamente determinante.

Cause e conseguenze dei DCA

I disturbi del comportamento alimentare possono avere cause di natura psicologica, socio-culturale e biologica:

  • fattori psicologici: comprendono traumi o abusi, bullismo o problemi familiari, mania del controllo, disturbi depressivi, bassa autostima, situazioni di forte stress;
  • fattori socio-culturali: i modelli estetici imposti dalla società rientrano tra le principali cause della diffusione del senso di inadeguatezza, soprattutto nei più giovani;
  • fattori biologici: legati alla sfera fisica, quali fragilità di unghie e capelli, pelle secca, problemi cardiaci, edemi a occhi e caviglie, scarsa concentrazione.

Questi fattori possono influire notevolmente sulla sfera psichica, causando disturbi depressivi e incidere negativamente sulla qualità della vita dei pazienti che ne soffrono.

Come si curano i disturbi alimentari?

Il trattamento dei disturbi del comportamento alimentare richiede un approccio terapeutico multidisciplinare abbastanza complesso, che richiede la partecipazione di più figure come dietologi, endocrinologi e psicoterapeuti. Quando si ha a che fare con un paziente affetto da DCA, infatti, è importante:

  • reperire più informazioni possibili, in modo da rilevare la reale gravità del problema e trovare la via migliore per uscirne;
  • rivolgersi a un familiare, a un parente, a un amico o a un’associazione che si occupa di queste problematiche;
  • chiedere aiuto che, pur essendo difficile, è il primo passo da compiere sia per il malato, sia per chi gli sta accanto.

Il Ministero della Salute ha fornito delle linee guida ben precise su come affrontare i DCA e al loro interno si dedica molto spazio all’importanza della psicopatologia di tali disturbi, che richiede la cooperazione di più figure professionali che possano aiutare il paziente a guarire.

In particolare, la psicologia e la psicoterapia si rivelano estremamente utili, soprattutto la terapia cognitivo comportamentale, la terapia di gruppo e la terapia familiare. Come già sottolineato, non è possibile guarire dai DCA da soli, mentre con l’aiuto di un bravo psicoterapeuta (esperto in disturbi alimentari), a sua volta supportato da nutrizionisti, dietologi ed endocrinologi, è possibile fare la differenza per il paziente a livello sia fisico che psicologico.

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