Problemi affettivo-relazionali

Problemi affettivo-relazionali

Psicologia e Psicoterapia

Problemi affettivo-relazionali

Quali sono, come riconoscerli e trattarli

In ambito psicologico, i problemi affettivo-relazionali comprendono tutti quei disagi temporanei o duraturi che riguardano sia la sfera comunicativa, sia l’aspetto emotivo e affettivo. Possono interessare qualunque soggetto di qualsiasi fascia d’età, quindi indistintamente bambini, adolescenti e adulti, e le cause sono da ricercare spesso e volentieri in legami problematici con i genitori.

Ma non solo: anche eventi traumatici infantili, convinzioni distorte o pensieri assolutistici su se stessi e sul mondo possono contribuire all’insorgere del disagio, così come la tendenza a ingigantire alcuni aspetti negativi del quotidiano o un carattere introverso.

Le manifestazioni di un problema affettivo-relazionale sono diverse:

  • stati d’ansia;
  • rabbia e aggressività;
  • negativismo;
  • iperattività;
  • isolamento;
  • comportamenti oppositivi e di rifiuto;
  • depressione;
  • apatia;
  • insicurezza;
  • bassa autostima
  • disturbi del linguaggio nei più piccoli.

In alcuni casi, la sintomatologia è anche fisica e si presenta con nausea, mal di stomaco, mal di testa, disturbi del sonno e, nei casi più gravi, con episodi nevrotici come disturbi ossessivo-compulsivi.

Quali sono le cause del disturbo affettivo-relazionale?

Come già accennato, le cause che scatenano un disagio affettivo-relazionale possono essere diverse; solitamente i sintomi si manifestano:

  • all’interno di un contesto familiare, per via di un rapporto conflittuale con i genitori;
  • successivamente a un evento traumatico;
  • in una coppia, per via di un tradimento o di eccessiva gelosia;
  • quando si ha un giudizio eccessivamente rigido o distorto verso se stessi.

Spesso le cause si legano tra loro, o una è causa dell’altra e per capire meglio questo concetto bisogna fare un passo indietro: si sa che le prime esperienze compiute da un individuo avvengono con figure a lui familiari, solitamente i genitori, che agiscono in nome non solo dell’amore e del sostegno, ma anche del controllo e della critica. In alcuni contesti, questi due atteggiamenti possono essere prevaricanti e, quindi, più incisive (è il caso dei genitori che tendono a biasimare i figli più che a sostenerli).

Il modo di comportarsi dei genitori innesca nel bambino delle aspettative ben precise su come dovranno essere le sue relazioni future; le relazioni familiari stanno alla base della struttura di un futuro adulto e influenzeranno le sue scelte di vita di fronte a delle decisioni o a degli avvenimenti importanti.

Di conseguenza, se una persona è cresciuta sommersa dalle critiche dei genitori, dai quali è stata sempre svalutata e mortificata, si comporterà allo stesso modo con se stessa; se stata trascurata o ignorata, avrà sempre la tendenza a trascurarsi e a isolarsi; se, poi, è stata eccessivamente controllata o soggetta al rispetto di innumerevoli regole, cercherà sempre e comunque di autocontrollarsi e, in relazione agli altri, tenderà o a ubbidire o, al contrario, a ribellarsi.

A prescindere da quale sarà il suo atteggiamento, la persona in questione avrà comunque un’idea negativa di sé, rimanendo intrappolata in circolo vizioso che si autoalimenta e che porta a inevitabili delusioni d’amore, a rapporti di amicizia fittizi e relazioni in generale insoddisfacenti. In linea di massima, sono 3 i problemi principali che si vengono a creare:

Mancanza o carenza di abilità sociali

Nessun uomo è totalmente incompetente, ma è dotato naturalmente di alcune abilità che per essere sfruttate devono essere allenate. Queste abilità consentono di rapportarsi con gli altri, di capire le emozioni altrui o di poter intervenire con criterio in una conversazione. Oggi, purtroppo, molte di queste competenze (in primis l’empatia) si stanno perdendo: la vita, soprattutto dei più giovani, si svolge dietro lo schermo di un telefono, che ha poco a che fare con le vere relazioni interpersonali.

Paura del giudizio degli altri

La paura di essere giudicati provoca insicurezza che, a sua volta, comporta una svalutazione totale della propria persona. Vedersi come una persona noiosa, poco interessante e per niente attraente blocca qualsiasi input sociale. Questo pensiero, inoltre, influisce anche sull’atteggiamento fisico: il corpo si irrigidisce, si chiude di fronte agli interlocutori che, notandolo, tendono ad allontanarsi. La comunicazione non verbale è importante tanto quanto quella verbale, e spesso è proprio l’atteggiamento del corpo a dare un’immagine sbagliata.

Convinzioni personali errate

Il nostro peggior nemico siamo noi stessi. Se una persona ritiene di non essere in grado di stringere un legame, allora probabilmente non riuscirà mai a farlo. Più ci si sente inadeguati e più le convinzioni negative di rafforzano, l’autostima crolla ed è come il cane che si morde la coda. Spesso questo atteggiamento porta all’isolamento e all’insorgere della cosiddetta “fobia sociale”, cioè la paura di stare in compagnia, insieme ad altre persone proprio per paura di essere giudicati.

Quali sono i sintomi dei problemi affettivo-relazionali?

Capire di avere a che fare con un disturbo affettivo-relazionale o con qualcuno che ne soffre non è sempre facile, ma ci sono alcuni segnali che possono indicarne la presenza:

  • disagio nell’esprimere le proprie emozioni;
  • paura del giudizio altrui o del confronto con gli altri;
  • percepire piccoli problemi come eventi catastrofici;
  • difficoltà nel creare legami stabili e duraturi.

Il modo per uscirne sta nell’imparare a gestire le proprie emozioni, soprattutto per ristabilire l’equilibrio all’interno di un rapporto (che sia con il partner, con i familiari, con gli amici), oltre che chiedere aiuto senza provare vergogna o timore.

Come trattare il disturbo affettivo-relazionale?

I problemi di natura affettivo-relazionale possono essere approfonditi e trattati tramite la psicoterapia, dato che un percorso psicologico personalizzato può aiutare chi ne soffre a lavorare sulla propria persona e a risolvere le difficoltà riscontrate nelle relazioni.

Il lavoro dello psicologo, infatti, inizia proprio portando alla luce tutti i problemi e a individuare punti di forza e di debolezza del paziente, entrambi indispensabili per capire su cosa puntare e su cosa, invece, lavorare.

Come detto precedentemente, nel corso della sua vita ogni persona impara delle strategie relazionali sulla base di come è stato cresciuto o trattato dagli altri; durante le sedute, quindi, il terapeuta aiuta a capire se queste strategie siano state effettivamente utili e se lo siano ancora, se sia il caso di continuare ad adottarle o se convenga, invece, cambiare atteggiamento.

Il terapeuta, indagando, è in grado di capire le modalità relazionali adottate in passato dal paziente, capire quali gli siano mancate e indirizzarlo verso un cambiamento sano e, soprattutto, efficace.

Come si affrontano i problemi affettivo-relazionali?

Insieme al proprio terapeuta, chi è affetto da un disturbo affettivo-relazionale può imparare ad affrontare le sue paure (anziché evitarle) seguendo alcuni metodi ben precisi:

Convalidare le emozioni

Il paziente deve imparare ad accettare, a riconoscere e a far fuoriuscire le proprie emozioni; non sono validi solo i sentimenti degli altri, ma anche i propri e, in nome di ciò, è giusto che vengano espressi e rispettati.

Gestire le emozioni

Tutte le emozioni vanno accettate, che siano più o meno piacevoli; se sono dolorose bisogna imparare a sopportarle e superarle, se sono spaventose è necessario trovare il modo migliore per metabolizzarle, comprenderle e gestirle per renderle più semplici e gestibili.

Aprirsi con il proprio partner

In una coppia bisognerebbe poter parlare di tutto, cercando di essere sinceri e onesti, senza paura o vergogna. E anche quando questi sentimenti fanno capolino, si deve comunque andare avanti, soprattutto per far capire all’altra persona che il sentimento c’è ma, evidentemente, fa fatica a uscire.

Discutere in modo costruttivo

Quando si esprimono i propri sentimenti è facile cadere in un tipico errore: puntarsi il dito, sbattere la porta e andare via. Questo non deve accadere, anzi: in occasione di un litigio o di una discussione, bisogna concentrarsi sull’obiettivo finale, cioè costruire e non distruggere.

Essere lungimiranti

Un percorso psicologico richiede tempo, quindi chi inizia deve essere cosciente del fatto che il problema non si risolverà velocemente. Sarà necessario comunicare in modo aperto, imparare ad affrontare paure e problemi, ma con la consapevolezza che il clima attorno sarà sempre piacevole e costruttivo.

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